Blog

Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2023

INTRODUZIONE (Don Marco Pagnielllo)

Il Rapporto di Caritas Italiana del 2023 si sofferma come di consueto sulla povertà e l’esclusione sociale nel nostro Paese, riportando numeri e storie, evidenze empiriche e tendenze di lungo periodo, problemi e risposte. A quasi un trentennio di distanza dalla prima uscita, dobbiamo purtroppo rilevare l’aggravamento di tante situazioni di svantaggio socio-economico, che si pensava invece di poter superare. Sono tanti i dati che appaiono in peggioramento: vivono in situazione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie. Sono 5,6 milioni di individui, quasi un abitante su dieci. Ma il dato che suscita maggiore scandalo e al quale abbiamo dedicato un intero capitolo del Rapporto – è quello relativo ai bambini e agli adolescenti: nel 2022 vive in condizioni di povertà il 13,4% dei minorenni.

La persistenza, e in taluni casi l’aggravamento, di una numerosa serie di situazioni e fenomeni che affrontiamo all’interno del Rapporto appare inaccettabile ai nostri occhi. Anche perché i poveri che noi vediamo, incontriamo e accompagniamo sono solo una piccola parte. È una sconfitta per chi si trova direttamente coinvolto nella povertà, ma è soprattutto una sconfitta per l’intera società, che si trova a dover fare i conti con una grande perdita di capitale umano, sociale, relazionale che sta producendo a lungo andare gravi impatti anche sul piano economico.
Tutti abbiamo da perdere dalla presenza di oltre cinque milioni e seicentomila persone che vivono in povertà assoluta. Tutti dobbiamo sentirci sconfitti di fronte a un milione e duecento mila minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e  il cui futuro sarà indubbiamente compromesso. L’Italia, infatti, risulta essere il Paese in Europa in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa: chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto. Questo costituisce un vulnus ai principi di uguaglianza su cui si fondano le democrazie occidentali. Su questo punto perde anche la nostra Costituzione repubblicana, e in particolare l’articolo 3, che continua a restare inapplicato.

È bene sottolineare che il fenomeno non riguarda una singola porzione di popolazione. A tale riguardo le analisi condotte da Caritas e anche da altre antenne sociali ci parlano di un cambiamento nella configurazione della povertà che, complice anche una sempre maggiore precarizzazione del mondo lavorativo, si allarga e si diffonde in modo indiscriminato, in tutti i contesti sociali, geografici e anagrafici. Nel corso degli ultimi quindici anni, la povertà ha decisamente cambiato volto, al punto che in letteratura si parla di “democratizzazione della pover” per indicare il fatto che è sempre più difficile identificare dei gruppi sociali che possano dirsi veramente impermeabili o invulnerabili al rischio di povertà.


Lo sanno bene gli operatori Caritas, che si trovano di fronte a storie di povertà sempre più eterogenee, in controtendenza rispetto alla forte omogeneità sociale e biografica che caratterizzava le storie del passato. Nel 2022 le 255.957 persone, con le relative famiglie, accompagnate dai centri di ascolto e servizi informatizzati della rete Caritas rappresentano l’11,7% dei nuclei in povertà assoluta presenti in Italia. Tra loro si contano tanti nuovi poveri
(il 45% del totale) ma anche molte persone seguite da diversi anni, in modo continuativo o intermittente, con storie di fragilità complesse e multidimensionali alle spalle. L’impoverimento diventa quindi un processo sempre più dinamico, nel quale le persone si muovono lungo un “continuum”, che porta ad alternare momenti di “normalità”, o quasi, a momenti di gravi difficoltà. Così escono fuori neologismi e categorie sociologiche che, nel rispetto della dimensione umana della sofferenza, tentano di descrivere in modo figurato queste situazioni: le povertà intermittenti, le povertà dell’elastico corto, le zone grigie del disagio… Sono tutte forme lessicali che cercano rendere con un’immagine quell’area di complessità in cui si combinano diverse forme di vulnerabilità, economica, sociale, relazionale, lavorativa.

 


Abbiamo accennato al tema della fragilità lavorativa. Si tratta di un aspetto fondamentale, a cui abbiamo dedicato particolare attenzione. Il focus centrale e trasversale del Rapporto riguarda infatti il fenomeno dei working poor, ossia di quelle situazioni di povertà, personali e familiari, in cui non manca il lavoro. Già in passato ci eravamo accorti che era in aumento la quota di persone non  disoccupate che si rivolgevano alla Caritas. Se infatti a chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48% nel 2022), a fronte di tali situazioni spicca la presenza di un numero crescente di persone che sperimentano condizioni di indigenza pur dichiarando di avere un’occupazione (22,8% nel 2022).
Per capire che tipo di situazioni sono e poter prefigurare dei possibili percorsi di intervento, aperti ai diversi attori sociali, è stata realizzata un’indagine nazionale, di taglio sperimentale e qualitativo, che ha promosso un ascolto partecipato e coinvolgente della povertà lavorativa, così come essa appare nel mondo dei servizi Caritas. Si tratta della prima ricerca partecipativa mai realizzata da Caritas Italiana, che ha coinvolto in tutte le fasi di studio (dalla progettazione del disegno della ricerca fino all’analisi dei risultati), un piccolo gruppo di persone che vivono sulla propria pelle la condizione di fragilità economica, associata ad un’estrema debolezza lavorativa, che non coincide del tutto con la disoccupazione o lo sfruttamento lavorativo, e che segna in profondità la possibilità di immaginarsi, di costruire futuro, per sé e per i propri figli. In linea con quanto affermato profeticamente nel 1971 dal pedagogista brasiliano Paulo Freire, la ricerca partecipativa che abbiamo realizzato, superando notevoli difficoltà tecniche e operative, ha l’ambizione di costituirsi come “un’azione di conoscenza che
porta ad un’azione di libertà, in quanto conseguenza di una collaborazione alla pari tra professionisti e persone che vivono situazioni di emarginazione e di oppressione, in un processo che vuole essere democratico e potenziante”. Il mettere al centro dell’azione di ricerca i poveri ci aiuta a ricordarci che il nostro impegno non è mai ideologico, non serve idee, ma persone. Ci aiuta – come ha sottolineato papa Francesco – ad evitare il protagonismo fine a sé stesso di coloro che, all’interno di una posizione di privilegio, anche nel campo socio-caritativo, assistono senza cuore, erogano senza accompagnare, studiano senza anima.
In questo modo, volgere lo sguardo verso i più poveri diventa un riflesso naturale per chi riconosce nella povertà l’elemento comune che attraversa tutta l’umanità e che ci aiuta a considerarci tutti parte della stessa famiglia umana.


È la relazione l’elemento discriminante tra lo stile cristiano di servizio e l’atteggiamento di chi si pone come esclusivo benefattore nei confronti di un povero che chiede aiuto. È solo nella relazione tra pari che si sviluppa la fraternità, si vive la carità, si favorisce una reale promozione umana che o è reciproca – ci si promuove, infatti, a vicenda, nell’ottica dello scambio reciproco – o non è.
Purtroppo, è difficile comprendere e prevedere cosa aspettarsi dal futuro, anche in considerazione del fatto che la grande maggioranza dei poveri sono vittime delle politiche economiche, delle politiche finanziarie. L’incertezza a livello globale, anche a seguito del perdurare della guerra in Terra Santa, aggiunge ulteriori elementi di insicurezza rispetto a una situazione già complessa e iniqua. Accanto alle conseguenze legate alla terribile crisi umanitaria, i recenti fatti internazionali potranno avere anche pesanti conseguenze in termini economici. Ci si interroga sulle possibili ripercussioni sulla politica monetaria, sul debito pubblico e sullo spread, ma preoccupa in modo particolare il probabile aggravamento della crisi energetica, dato il rialzo delle quotazioni di petrolio e gas naturale (fin da ora visibili). Le nubi all’orizzonte non riguardano infatti le sole situazioni di guerra e conflitto armato. Una particolare condizione di fragilità riguarda la centrale dimensione ecologica, che nel nostro caso abbiamo affrontato in modo alternativo rispetto al dibattito dominante, cercando di comprendere il fenomeno della povertà energetica, all’interno di una transizione ecologica che vede il tema dei limiti del pianeta presentarsi alla nostra attenzione in modo sempre più stringente. Anche all’interno di tale transizione, nella nostra esperienza, ci sono vincitori e perdenti. Questi ultimi, ancora una volta, si identificano con le classi più povere; sono coloro che non hanno risorse economiche e possibilità di scelta; che non hanno la possibilità di mettere in atto scelte
energetiche ecologicamente compatibili; che non possono esprimere forme di consumo sane e responsabili. Anche nei riguardi di tali situazioni è necessario pensare a forme di sostegno, che possono essere messe in atto con il contributo di tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati. In ultimo, il Rapporto si sofferma ancora una volta sulle politiche di contrasto della povertà, che vivono attualmente una situazione di cristallizzazione. Vecchie misure vengono sostituite da altre, all’interno di orizzonti di futuro ancora non chiaramente definibili. Le nuove misure lasciano delle zone d’ombra e, da qui in avanti, meno persone troveranno protezione.
Caritas continuerà a vigilare sul rischio di contrazione dell’intervento pubblico, affinché non cali l’attenzione sui territori rispetto alle persone in povertà, ai loro bisogni e la solidarietà non sia solo una virtù ma diventi un principio sociale, alla base di politiche più eque di accesso e distribuzione delle ricchezze, che garantiscano a ogni persona il diritto a una vita dignitosa. Nella prospettiva della corresponsabilità continueremo anche a ricercare si-
nergie perché ognuno faccia la sua parte e possano essere implementati percorsi di intervento nel rispetto di ogni storia, di ogni volto, di ogni persona e in un’ottica di promozione e valorizzazione dei talenti di cui ciascuno è portatore. Non possiamo e non dobbiamo limitarci a lavorare per o con i poveri. Dobbiamo tutti essere consapevoli che – come ci ha ricordato papa Francesco ad Assisi il 24 settembre 2022 – “fino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide. Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, oppure ci accontentiamo di verniciare una parete cambiando colore, senza cambiare la struttura della casa?

https://archivio.caritas.it/materiali/Rapporti_poverta/2023/rapportopoverta2023_tuttodaperdere.pdf

 

Leave a comment

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi